Allungatevi supini. Piegando leggermente le gambe.  Chiudete gli occhi. Mettete una mano sulla pancia. Ad ogni respiro dovreste sentire la pancia che si gonfia con naturalezza. Ma questo forse non avverrà. O non sarà così naturale.

Prima di imparare a fotografare sarà bene re-imparare a respirare correttamente, come quando eravamo bambini.

La funzionalità cardiovascolare e respiratoria migliorerà enormemente (non sono io a dirlo ma la scienza e la fisiologia, io non ne avrei titoli). Migliorerà anche la postura e chiunque abbia provato a far fotografia come passione o come professione sa quanto la schiena sia importante e sia costantemente a rischio! 

Tutti quanti nasciamo “sapendo respirare”, respirando in maniera profonda, rafforzando tutti I muscoli.E invece crescendo acceleriamo, il nostro respiro diventa veloce, distratto, automatico, inconsapevole. Cominciamo in mezzo al rumore di fondo della nostra vita a respirare solo con il torace: Inspiriamo poca aria e ne buttiamo fuori ancor di meno.

Bene ora siamo supini. Gonfiamo lentamente lo stomaco. Sentendo la pancia che si gonfia ed espiriamo altrettanto lentamente svuotando tutta l’aria. Facciamolo come esercizio per 5 minuti ogni giorno.

Quando il timer suona. Alziamoci con lentezza: prendiamo in mano la macchina fotografica e scegliamo un soggetto o un oggetto qualsiasi.

Sempre respirando con lentezza inquadriamolo e scattiamo. Sarà forse una foto poco interessante. Ma sarà una foto capace di fissare il momento nel quale siamo “nuovamente svegli”. Scatto dopo scatto, esercizio di respirazione dopo esercizio, saremo più consapevoli di noi stessi.

La fotografia sarà solo uno strumento per ricordare e per fissare questo istante di rinascita. Istante che si potrà ripetere ogni giorno. Anzi ad ogni respiro.

Ancora una volta termini legati alla fotografia e alla meditazione si sovrappongono: il diaframma nella fisiologia umana ed il diaframma che regola la quantità di luce che espone una pellicola o un sensore. Il tempo di esposizione lungo o brevissimo ed il tempo che dedichiamo alla consapevolezza, in ultimo la sensibilità: di un sensore o di un essere umano. Ma non è importante essere più o meno sensibili: l’importante è essere “esposti alla giusta luce”.

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